colazione da tiffany film recensione
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Colazione da Tiffany

Colazione da Tiffany di Blake Edwards e con Audrey Hepburn è un cult del cinema. Questo lo sappiamo tutti. Dire perché è un po’ più complicato e abbiamo decenni di critica cinematografica che tentano di spiegarcelo.

Ciò che è certo è che Colazione da Tiffany si identifica con la sua protagonista, Holly Golightly, un personaggio divenuto iconico e (purtroppo) condanna di molti uomini.

Quante donne, infatti, hanno anche solo immaginato di essere lei? Holly però è un personaggio stratificato ed è proprio ciò che viene celato dalle sue moine, atteggiamenti e comportamenti a renderlo memorabile.

Nella commedia c’è infatti una sottesa malinconia, sempre percepibile, e che si rileva solo nel finale. Si tratta dell’incapacità di trovare un posto al mondo, del sentirsi intrappolati in sé stessi, sforzandosi così di essere altro… un personaggio, un’amante, una svampita, un’opportunista.

Peccato per il lieto fine che ne smorza il potere, nonostante sia coerente con i gusti del pubblico dei tempi e il lavoro di Edwards, che rielabora il romanzo di Truman Capote in una sofisticata storia d’amore.

Poi ci sono le musiche di Henry Mancini, scenografie perfette e una serie di scene indovinate, memorabili per gusto e originalità.