cuore selvaggio film recensione david lynch
1990,  Avventurarsi,  Il caricatore,  Innamorarsi

Cuore selvaggio

Durante la lavorazione di Twin Peaks, David Lynch si concede una pausa, giusto il tempo di mettere in scena un’altra storia, che confluirà nel suo quinto film: Cuore selvaggio.

È una fuga d’amore, un road movie (ovviamente) atipico, ricco di pulsioni, pazzie, incontri casuali, immagini simboliche.

Lei è turbata dalle notizie che sente alla radio, le quali riportano la violenza nel mondo, ma è eccitata da uomini sregolati e violenti. Lui ha un cuore selvaggio, emotivo, passionale, istintivo.

Ma il mio cuore durante la visione non è altrettanto pieno di emozioni nel seguire la vicenda di Sailor e Lula per quello che non ritengo essere tra i migliori film del regista. A investirci di fascino e tensione, sono invece la madre di lei, isterica e spietata, e il viscido Bobby Peru che, interpretato da Willem Dafoe, all’entrata in scena catalizza tutta l’attenzione.

Un pizzico di pazzia, l’omaggio al Mago di Oz e una storia che sembra ripetersi nuovamente chiudono un film che negli anni ha diviso la critica, tra adulatori e insoddisfatti cinefili (quali il sottoscritto).