frenzy film recensione
1972,  Tendere i nervi

Frenzy

All’uscita di Frenzy nel 1972, Alfred Hitchcock era oramai un regista già acclamato, autore di molti capolavori. I due film precedenti, tuttavia, Il sipario strappato e Topaz, non hanno ottenuto il successo sperato. Così, per questa nuova storia, il regista torna nella natia Londra e gira un film a basso costo, il suo penultimo.

Un serial killer terrorizza la città, strangolando le donne con una cravatta. Quando a morire è la proprietaria di un’agenzia matrimoniale, alcuni sfortunati indizi sembrano inchiodare l’ex marito, un ex pilota della Royal Air Force.

Frenzy ottenne un buon successo di critica e di pubblico, anche se per Hitchcock la gioia fu stemperata dall’ictus della moglie Alma e dal peggioramento dei suoi problemi di cuore.

Tornando al film, si tratta di un thriller ancora oggi estremamente valido. Retrocede rispetto ad altre opere del regista a causa dei primi 30 minuti, che ai nostri tempi potrebbero apparire un po’ lenti nel ritmo, ma che soprattutto tratteggiano un protagonista antipatico, dal pessimo carattere, che lo allontana dall’immedesimazione con lo spettatore. Questo è anche uno dei motivi per cui è un sospettato così plausibile, ma che certamente non ci piace come Roger Thornhill di Intrigo Internazionale o altri uomini, incastrati, come qui, dal caso e dalle coincidenze (un tema ricorrente per Hitchcock).

Frenzy poi diventa però palpitante, sia per alcune scene di violenza esplicita (il primo terribile strangolamento e il secondo giocato sull’ellissi, la musica e improvvisi flash), ma anche per le sorti di Richard Blaney, che sembra davvero senza scampo.

Probabilmente la scena migliore del film è però quella sul camion, da antologia, di cui non sveliamo nulla. Mentre i siparietti tra l’ispettore e la moglie, che segue un corso di cucina francese, sono spassosi e alleggeriscono alla perfezione l’estrema serietà del tema.