gosford park film recensione
2001,  Investigare

Gosford park

Gosford park non è un giallo. C’è l’omicidio del padre padrone di famiglia, ci sono una sfilza di persone che nutrivano un genuino risentimento e c’è il più classico dei manieri, dove un gruppo di persone si ritrova riunito. Eppure, nonostante il film di Robert Altman ricordi per molti tratti le opere di Agatha Christie, ciò che viene messo in scena è una commedia umana, dove sotto la lente d’ingrandimento ci sono i rapporti fasulli e circostanziali dei ricchi e l’incontro tra due due mondi: il loro, situato ai piani alti, e quello della servitù, che al piano basso perde addirittura l’identità, utilizzando il nome del proprio padrone.

Per un’ora abbondante non accade nulla di significativo ed è solo un valletto sornione a tener viva la nostra attenzione, ma anche dopo, quando l’omicidio viene perpetrato, non vi sono grandi indagini e l’investigatore di turno si dimostra un completo incapace. Al centro dell’attenzione restano i rapporti e anche quando le doppie identità e i segreti si svelano la sorpresa non è così tanta.

Oscar per la migliore sceneggiatura originale nel 2002 Gosford park (alle spese, per dirne uno, di Memento) è un film sopravvalutato dalla critica, che a distanza di anni lascia in memoria soprattutto (e solo) il cinismo del personaggio di Maggie Smith.