il prigioniero di amsterdam film recensione
1940,  Avventurarsi,  Sorprendersi

Il prigioniero di Amsterdam

Invito i cinefili a un gioco: prendete un film di Hitchcock a caso e guardatelo. Probabilmente, ancora oggi, sarà un’ottima visione. Ad esempio Il prigioniero di Amsterdam non è tra i più conosciuti del regista e forse proprio per questo è interessante (ri)scoprirlo.

Foreign correspondent (questo il titolo originale) è il secondo film americano di Hitchcock, uscito lo stesso anno del primo, Rebecca – La prima moglie. Ma se quest’ultimo divenne più popolare nel corso degli anni, all’epoca entrambi ebbero un grande successo e Il prigioniero di Amsterdam ottenne pure 6 nomination agli Oscar.

Si tratta di un film fortemente radicato nell’attualità, che racconta le vicende di un cronista americano inviato a Londra per raccontare gli albori dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Seppure alcuni critici abbiano visto in questo film un intento politico, anti-nazista, Hitchcock sfrutta lo scenario per raccontare una spy story, che anticipa alcuni degli elementi tipici della sua filmografia futura. Il McGuffin, l’espediente che dà vita alla storia, è infatti una fantasiosa “clausola 27”, custodita solo nella mente del diplomatico Van Meer, in grado di spostare l’ago della bilancia tra le nazioni. In questo contesto, il giornalista è il classico uomo al posto sbagliato nel momento sbagliato, intrappolato in una situazione critica.

Oggi ci resta un film che può sembrare a tratti prolisso, abituati a ritmi cinematografici ben diversi, in particolar modo nella versione con le parti in inglese sottotitolate in italiano. Ma la scena sul grattacielo conserva la stessa genuina tensione e la storia è coinvolgente, adornata da una tipica ironia e da una storia d’amore. Il tutto concluso dalla scena dell’areo, che per i tempi fu senz’altro imponente e ancora oggi può essere apprezzata.