l'esorcista film recensione
1973,  Almeno una volta nella vita,  Spaventarsi

L’esorcista

Chi non ha mai per lo meno sentito parlare de L’esorcista? Il film del 1974 di William Friedkin, scritto da William Peter Blatty, autore del romanzo best seller, è una di quelle opere che hanno condizionato il cinema degli anni a seguire. Preda di remake, sequel, citazioni, versioni aggiornate e ampliate, parodie e naturalmente preso come principale riferimento, L’esorcista è uno dei migliori film horror di sempre e ancora oggi conserva la sua forza intrinseca e la sua capacità di spaventare.

Una bambina di 12 anni viene posseduta dal demonio e laddove la scienza non può più far nulla, occorre forse l’intervento religioso di un prete.

Il film pone al centro della scena la dicotomia tra fede e scienza, rappresentando il maligno in maniera sfacciata e atroce, senza relegarlo nell’ombra, ma ponendolo nel corpo di una bambina innocente, legata al letto della sua cameretta. Il demone Pazuzu è una presenza interiore ma con effetti ben più evidenti delle risposte scientifiche dei medici. Una duplicità che si rivede nel (superbo) personaggio di padre Damien Karras, psichiatra e prete, seppure in crisi mistica a causa di alcuni drammi interiori.

Ne consegue un film stratificato, che grazie alla sua sceneggiatura va oltre l’horror, arricchendosi di simbolismi ma mostrandosi anche tremendamente verosimile e al contempo inspiegabile, rendendo lo spettatore impotente durante la visione.

Lo avvalorano ancor più gli effetti visivi e il tema musicale di Krzysztof Penderecki, mentre i retroscena durante lo sviluppo e il fatto di cronaca da cui la storia prende spunto hanno contribuito ad accrescere il vigore de L’esorcista.