montecristo film 2002 recensione
2002,  Avventurarsi

Montecristo

Se uscisse oggi un adattamento del romanzo Il conte di Montecristo sarebbe probabilmente una serie tv in 10 episodi (chiamatemi se prendete spunto). Nel 2002 però Kevin Reynolds decise di trarne un unico film, allontanandosi proprio dall’ultima trasposizione di 4 anni prima: una mini serie di 4 episodi con Gérard Depardieu.

Quello del regista di Fandango e Robin Hood è però un film che non può far contenti – per usare un gioco di parole – i fan del Conte e non solo.

Partiamo dalle attenuanti. Trasporre il libro di Dumas padre in un unico film è un’impresa titanica, per la lunghezza, le sfumature e la complessità dell’intreccio.

Ora le critiche. Reynolds apporta svariate variazioni alla storia, eliminando alcuni personaggi, accorpando alcuni eventi e variandone altri. Il finale stesso e la sorte di alcuni personaggi sono differenti.

Ma questo può non essere un problema. Lo è invece la continua sensazione di superficialità, data dal mancato approfondimento psicologico di alcuni personaggi, dalla velocità con cui avvengono alcune cose. Manca il fascino del Conte di Montecristo, la pulsante vendetta e i dilemmi legati alla giustizia. Non c’è la percezione del passare del tempo né il piacere nello scoprire l’astuto piano di Edmond Dantès. Alcuni ricami risultano frivoli (come la mongolfiera) e la fotografia è del tutto inadeguata.

Avanti il prossimo.