un matrimonio all'inglese film recensione
2008,  Innamorarsi,  Ridere

Un matrimonio all’inglese

Dopo aver girato a soli 30 anni Priscilla, la regina del deserto, il regista Stephan Elliott si era perso in un paio di insuccessi, per poi restare letteralmente bloccato a causa di un incidente con gli scii, che lo costrinse in sedia a rotelle per tre anni. Fa il suo ritorno davanti alla cinepresa a distanza di 9 anni dall’ultimo film, con una commedia prettamente inglese, di sottile humour: Un matrimonio all’inglese.

La storia, tratta dalla pièce teatrale Virtù facile, era già stata filmata da Alfred Hitchcock nell’omonimo film muto del 1928. Un nobile inglese si innamora di un’affascinante americana, che sposa in gran fretta. Tuttavia una volta rientrato a casa per presentarla alla famiglia, la donna non viene ben accettata, in particolar modo dalla madre.

Un matrimonio all’inglese è un commedia garbata e pungente, che abbandona il lato sentimentale per concentrarsi su quello più umoristico, naturalmente all’inglese. A tenere vivo il film è il conflitto tra moglie e madre, attorno alle quali ruotano tutti gli altri coprotagonisti. L’astio diventa una sfida di dispetti e l’inconciliabile rapporto tra le due è anche lo scontro tra due diverse culture e posizioni sociali. Ne deriva una lieve critica all’occlusione mentale in favore delle tradizioni e a una certa ipocrisia aristocratica.

Ma il film è soprattutto intrattenimento, leggero e non banale, che con un sensuale tango ci conduce a un intrigante epilogo.

Affascinante Jessica Biel nel ruolo principale, anche se Kristin Scott Thomas dà prova di un’interpretazione di gran classe, mentre il personaggio di Colin Firth è quello che più si accaparra le simpatie del pubblico, per fascino e galanteria.