velluto blu film recensione david lynch
1986,  Cinefili

Velluto blu

Forse è il modo migliore di approcciare la filmografia di David Lynch, senza cadere a capofitto nella tana del Bianconiglio, o forse, proprio per questo, meglio iniziare da Twin Peaks, Strade perdute o Mulholland drive e capire subito se il suo cinema fa per voi. Velluto blu è un noir, ma ovviamente è molto differente dagli stilemi del genere, aspetto d’innovazione che ha fatto fremere più di qualche critico. Nonostante una narrazione non fluida o canonica, da cui traspare come il film nasca sostanzialmente da un insieme di idee, immagini e sensazioni, Velluto blu è un film decifrabile, con elementi di causa – effetto non sempre scontati nella filmografia del regista.

Tutto ha inizio quando lo studente Jeffrey Beaumont trova un orecchio mozzato in mezzo all’erba. La scoperta lo introdurrà in un mondo marcio, nascosto proprio nella sua cittadina.

Nel film ha un ruolo cruciale la musica (la prima collaborazione con Angelo Badalamenti) e le canzoni, In Dreams e Blue velvet che ne dà anche il titolo. Velluto blu è terribile per alcune scene e al contempo è un film di atmosfere, di situazioni e ovviamente di stranezze.

Gli fu proibito di partecipare alla Biennale di Venezia per una scena di nudo di Isabella Rossellini, ma il film ebbe successo sia tra il pubblico sia tra la critica, riscattando Lynch dopo il clamoroso flop di Dune.