Bodies bodies bodies
Un gruppo di ragazzi e ragazze si ritrova in una villa di campagna per una festa all’insegna della sregolatezza. Le cose prendono una piega inaspettata quando durante un gioco di gruppo uno di loro viene trovato steso al suolo senza vita. Bodies bodies bodies riprende i temi tipici del giallo alla Agatha Christie, sia nell’interrogativo principale (il whodunit, ovvero “chi è stato?”) sia nell’isolamento totale. In questo i protagonisti si ritrovano confinati nella stessa villa per colpa di un uragano.
Nascono quindi i sospetti e le ansie, con i vari personaggi che iniziano a diffidare l’uno dell’altra. La regista, l’olandese Halina Reijn, cerca di ringiovanire il genere attualizzando la storia, avvicinandosi al mondo degli adolescenti di oggi. È molto difficile però empatizzare con chiunque dei protagonisti di questa storia e spesso le loro azioni risultano assurde, nonostante la giustificazione del momento di panico. La loro sorte ci è quindi piuttosto indifferente e la visione scorre senza particolari sussulti fino al finale.
Ma nel caso di Bodies bodies bodies, è proprio il colpo di scena finale a salvare il film, rivelando l’idea di fondo (e l’unica davvero originale) della sceneggiatura.