Cuore selvaggio
Durante la lavorazione di Twin Peaks, David Lynch si concede una pausa, giusto il tempo di mettere in scena un’altra storia, che confluirà nel suo quinto film: Cuore selvaggio.
È una fuga d’amore, un road movie (ovviamente) atipico, ricco di pulsioni, pazzie, incontri casuali, immagini simboliche.
Lei è turbata dalle notizie che sente alla radio, le quali riportano la violenza nel mondo, ma è eccitata da uomini sregolati e violenti. Lui ha un cuore selvaggio, emotivo, passionale, istintivo.
Ma il mio cuore durante la visione non è altrettanto pieno di emozioni nel seguire la vicenda di Sailor e Lula per quello che non ritengo essere tra i migliori film del regista. A investirci di fascino e tensione, sono invece la madre di lei, isterica e spietata, e il viscido Bobby Peru che, interpretato da Willem Dafoe, all’entrata in scena catalizza tutta l’attenzione.
Un pizzico di pazzia, l’omaggio al Mago di Oz e una storia che sembra ripetersi nuovamente chiudono un film che negli anni ha diviso la critica, tra adulatori e insoddisfatti cinefili (quali il sottoscritto).