Zelig
Psicanalisi, satira, sociologia e un purissimo concentrato di geniale grigia materia di 79 minuti, sotto le mentite spoglie di un mockumentary. Di Zelig, di Woody Allen, ne potremmo parlare per ore.
Per piacere ed essere accettati bisogna essere uguali o simili agli altri? Sì. E così, sulle corde di questo interrogativo, Leonard Zelig diventa una sorta di supereroe, l’uomo camaleonte, maschera e impersonificazione di un eccessivo conformismo.
L’uno, nessuno, centomila di Allen, diviene strumento per riflettere, provocare e prendere per il culo, ma facendolo così: afferrando con mano l’altrui natiche.
Il tutto è supportato dalla musica, eccezionale la Chameleon song, dalla tecnica, che riesce a rendere il film un vecchio documento, con tanto di interviste, fino ai costumi e al trucco, ad arricchire delle sublimi trovate, pescate dalla società, tra mode e meta-cinematografia.
Viene da chiedersi dopo la visione: come ho fatto a non pensarci io? Tanta è la sua lampante e cristallina arguzia.
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