Al di là delle apparenze
Al di là delle apparenze, quello di Colin Krisel e James Krisel non è un bel film. Presentato come un thriller alla Hitchcock, Last moment of clarity (questo il titolo originale) è un thriller smunto, che non costruisce mai momenti di tensione né riesce a creare nello spettatore un reale interesse nei confronti della vicenda.
Eppure la premessa era quantomeno accattivante. Dopo l’assassinio della fidanzata, Sam fugge a Parigi per nascondersi, ma un giorno vede al cinema un’attrice che le somiglia così tanto da convincerlo che si tratti proprio di lei. Da qui il chiaro riferimento a La donna che visse due volte del maestro del brivido.
Sin dalle prime battute Al di là delle apparenze dimostra di non avere appeal, con i registi che elencano una dopo l’altra una serie di sequenze dell’attore che passeggia per la città, che fuma da solo, che guarda il vuoto con fare pensoso, a riflesso della sua tristezza. I flashback della sua relazione con Georgia sono ambientati quasi esclusivamente in vasca da bagno e ci si abbandona alla noia più totale.
Samara Weaving, motivo per il quale (ci potrei giurare) molti si sono avventurati alla visione di questo film, si affianca a un cast spento, a partire dal protagonista principale, Zach Avery.