fino all'ultimo indizio film recensione
2021,  Investigare,  Tendere i nervi

Fino all’ultimo indizio

Di recente non capita spesso di vedere dei bei film noir. Ecco, Fino all’ultimo indizio è uno di quei pochi.

Lo sceriffo Joe Deacon è a Los Angeles per raccogliere alcune prove. Nel frattempo, un giovane detective sta indagando su una serie omicidi molto simili a un suo vecchio caso.

La sceneggiatura è stata scritta da John Lee Hancock nel 1993 e ha dovuto aspettare quasi trent’anni per diventare un film. Un aspetto rimarcato spesso e volentieri dalla critica, che ha ritenuto il film datato e l’ha trattato come un figliastro di Seven di David Fincher. Come se somigliare ai thriller degli anni 90 fosse un difetto…

Fino all’ultimo indizio crea un ponte tra passato e presente: il vecchio caso e quello nuovo, i demoni del passato e gli omicidi del presente, il vecchio detective e il giovane agente.

La coppia protagonista non è però quella tipica dei buddy movie, anzi tutt’altro. È Jimmy Baxter stesso ad affidarsi al collega esperto, riconoscendone le capacità, nonostante i suoi vecchi colleghi lo mettano in guardia.

E se Rami Malek è nell’inconsueto ruolo del detective, Denzel Washinton è a suo agio nel ruolo dello sceriffo, mentre Jared Leto, il primo sospettato, dà vita a un personaggio inquietante, mellifluo e subdolo.

Il titolo originale, The little things (le piccole cose), è il leitmotiv e rappresenta meglio l’essenza del film rispetto a quello italiano.

Il ritmo è soppesato. L’anima del film nichilista. Il finale sorprendente, di quelli da ricordare.