Il matrimonio del mio migliore amico
Il migliore amico di Julia Roberts si sposa e lei improvvisamente (dopo cento anni di amicizia) capisce di amarlo. Il matrimonio del mio migliore amico è stato un film che ha riscosso un notevole successo, sia al botteghino che di gradimento da parte del pubblico, ma diciamocelo: è un film da donne.
L’approfondimento psicologico dei personaggi è sulle donne. L’amato è una sorta di burattino in balia di esse. I temi affrontati sono anch’essi prettamente femminili: l’amicizia tra uomo e donna, l’insicurezza in amore (lo amo o non lo amo? Non lo so neanch’io, ma lui deve amare me!), una tipica gelosia femminile (non l’ho mai sfiorato neanche di striscio, ma ora che è di un’altra lo devo avere!), che sfocia nei dispetti e nel tentativo di sabotaggio delle nozze. Anche queste ultime, sono rappresentate come un ideale, il sogno di ogni ragazza.
Al giorno d’oggi si direbbe che il film parla di friendzone. (Pronti al remake?).
Al di là di queste elucubrazioni, tra i difetti più importanti del film c’è senza dubbio l’antipatia della protagonista. Siamo infatti naturalmente portati a trovarla sgradevole e fastidiosa, a causa delle sue azioni, ma soprattutto delle motivazioni che la spingono ad agire. E questo non va bene. Al contrario, il personaggio migliore, in grado di alleggerire alcune situazioni, rendendole divertenti e simpatiche è quello interpretato da Rupert Everett, l’amico gay della protagonista, a cui è stato dato più spazio non a caso durante una seconda revisione della sceneggiatura.