Into the Woods
Tutto il bosco è paese. E pure piccolo, perché Into the woods, seppure sterminati e bui, è impossibile non incrociare qualcuno.
Direttamente dalla nemesi del buon manuale di drammaturgia: tutto piatto e nessun climax, scene mostrate senza alcun fine. L’obiettivo della strega, il personaggio più forte, che si esaurisce a mezz’ora dalla fine. Buchi di trama e le scene potenzialmente interessanti non ci vengono mostrate, ma solo cantate, in un paio di volteggi tra i boschi. Ma allora perché sono al cinema?
Fino a che punto può spingersi il teatro nei meandri cinema? Persone che muoiono dopo piccole cadute, altre inspiegabilmente. Servono i capelli di Raperonzolo, ma alla fine va bene anche una pannocchia. Un musical che così, forse, può sopravvivere sul palcoscenico, davanti alla cinepresa no.
Si vuole strafare. Della serie, tra un giorno da leoni e 100 da pecora, meglio 50 da babbuino.
Si salvano gli attori, Meryl Streep su tutti, ma anche Emily Blunt.
Perché Into the Woods tutto è possibile, anche sbattersene della sceneggiatura.