La notte brava del soldato Jonathan film recensione
1971,  Scaldarsi,  Tendere i nervi

La notte brava del soldato Jonathan

Durante la Guerra di Secessione, un soldato nordista viene accolto e curato in collegio femminile, destabilizzando gli equilibri e le regole del luogo. La notte brava del soldato Jonathan è tratto dal romanzo di Thomas P. Cullinan L’inganno.

Don Siegel, alla regia, e Clint Eastwood, protagonista della vicenda, si allontanano dal genere che aveva contraddistinto le ultime collaborazioni – western e polizieschi in cui la “mascolinità” era un elemento predominante – per una storia in cui le donne tolgono la maschera dell’innocenza e si dimostrano capaci di agire e reagire, anche senza scrupoli.

L’aspetto più interessante de La notte brava del soldato Jonathan sono proprio le dinamiche psicologiche che nascono in una piccola comunità femminile, eterogenea nelle età e nelle psicologie stesse, con l’inserimento di un elemento estraneo. La repressione sessuale e la conseguente tensione è la miccia che accende i rapporti. Jonathan lo sa ed è uno scaltro e bugiardo affabulatore, in grado di giocare diversamente con la piccola Hallie, in cerca di attenzioni, l’adolescente Carol, bramosa di fare esperienze sessuali, l’insicura Edwina, desiderosa d’amore, e l’austera Martha, dal passato incestuoso.

Il tutto all’ombra – e al lume di candela – della guerra, che più volte cerca di fare irruzione nel piccolo e fasullo idillio della casa. Il film, inoltre, è ricco di dettagli e di elementi simbolici, come il corvo legato alla terrazza in attesa che guarisca dall’ala ferita, l’amputazione della gamba, i funghi…

La notte brava del soldato Jonathan ha avuto anche un remake di Sofia Coppola – meno bello – uscito nel 2017.