Lawrence d’Arabia
Un tenente inglese viene spedito nel deserto, tra la sabbia e le faide di turchi e arabi: diventerà Lawrence d’Arabia.
Quello di David Lean è un kolossal, un film epico che nel 1962 fece incetta di premi, affermandosi nella cinematografia mondiale.
Per quali motivi?
Lawrence è un eroe tragico, mitologico, utopista nel pensiero, convinto di poter cambiare il mondo da sé, considerandosi speciale e in seguito convincendosi di esserlo. Affronterà però il peso delle scelte, della politica, della violenza e della guerra.
Quello di Omar Sharif è probabilmente il personaggio più interessante, mentre il protagonista gioca e si sposta tra la simpatia e la repulsione, in uno sfasamento d’identità e una equivocità continua. Peter O’Toole, al primo ruolo, lo interpreta magistralmente e con una certa ambiguità, anche sessuale.
Il film è imponente, grandioso, magnifico visivamente. Le scene nel deserto, e non solo, sono quadri da incorniciare.
Narrativamente, invece, l’avventura della prima parte è la più coinvolgente e divertente, anche grazie a numerosi dialoghi avvincenti. Tuttavia progressivamente il ritmo cala, rendendo ardua una visione completa pere per via di una durata eccessiva. A oggi Lawrence d’Arabia soffre soprattutto questi due aspetti: 227 minuti nella director’s cut e una seconda parte più orientata alle turbe interiori e i marchingegni politici, che a un vero e proprio obiettivo del protagonista.