Match point
Un Woody Allen asciutto, cinico, elegante. Match point per lui, signori.
Il film è un vero è proprio dramma umano, dove i rapporti sono malati, morbosi, così come i personaggi sono travagliati, ossessivi, affascinanti e imperscrutabili. Ottimamente interpretati. In particolar modo Jonathan Rhys Meyers dona il volto e soprattutto lo sguardo, velato e oscuro, a un istruttore di tennis arrivista e ammaliante.
Woody riprende Dostoevskij, di cui è appassionato proprio il suo protagonista, Chris, e in particolar modo la sua storia si fonda sul Delitto e castigo, invocando esplicitamente sul finale “un qualche piccolo segno di giustizia”. Ma c’è? Esiste la giustizia?
La metafora della palla da tennis che si fa anello, chiudendo circolarmente il film, divenendo infine emblema della vicenda stessa e del suo senso più profondo, sono puro cinema. Immagini indelebili e pregne di significato, che ci invitano in un finale turbinoso di emozioni, a fremere per l’epilogo. Grande sceneggiatura.