Ready player one
Una baraccopoli e un problema di sovrappopolamento sono lo scenario tale per cui l’umanità ha fondato una nuova società, di fantasia ed evasione, di possibilità e prospettive, nel mondo virtuale di Oasis.
In Ready Player One di Steven Spielberg c’è un pizzico di Avatar, il ricordo di Strange days, il citazionismo visto in Pixels elevato all’ennesima potenza, oltre alla moda dilagante del genere Young Adult.
Ma soprattutto, Ready Player One è un videogame, con una sceneggiatura di livelli e check point, le cui sfide sono l’accozzaglia di giochi, film, personaggi e citazioni della cultura anni 80 e 90.
Oasis è un paradiso nerd che trova il suo interlocutore ideale in chi cerca l’evasione nel gaming, ma che si propone di divertire un po’ tutti.
La scena della corsa in auto e l’Overlook Hotel di Shining, sono quanto di meglio il film regala.
A difettare è invece la sceneggiatura stessa, sia nella sua prevedibilità di fondo che in una struttura non a climax, dove gli ultimi obiettivi sono meno attrattivi e difficoltosi dei primi. Alle spalle resta un futuro appena abbozzato e un’emotività dei protagonisti poco coinvolgente, ma strettamente legata ai loro avatar.
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