Femme fatale
2001, Festival di Cannes. Una femme fatale seduce una modella in un conturbante incontro saffico e la deruba di un prezioso gioiello a forma di serpente. È questo l’evento scatenante del film di Brian De Palma, che ammicca al suo Hitchcock e a Vertigo, oltre a giocare come di consueto con lo sguardo e i punti di vista.
Il tema del doppio è evidente. A partire da quel Festival di Cannes che viene rappresentato nel film e al quale viene presentato il film stesso di De Palma. Una doppia identità, che a sua volta si duplica, una doppia narrazione che racconta di una seconda possibilità. Doppie anche le immagini.
Ma quello che sembra un divertissement del regista nella struttura di un canonico thriller, dopo un’ora e mezza cambia faccia improvvisamente e sorprendentemente. Un doppio gioco nei confronti dello spettatore che costringe a rivalutare e reinterpretare tutto quanto appena visto.
Non lo so se mi è piaciuto, ma vi consiglio di vederlo.