In linea con l’assassino
Un film interamente ambientato nei pressi di una cabina telefonica. È questa l’idea di base che Larry Cohen propose ad Alfred Hitchcock negli anni sessanta, ma che fu accantonata fino alla fine degli anni 90, quando il soggetto finì nelle mani di Joel Schumacher, che in 12 giorni girò In linea con l’assassino.
Un uomo risponde a una telefonata in una cabina telefonica. Dall’altro lato della cornetta un cecchino minaccia di ucciderlo se riattacca.
In linea con l’assassino è un film dal soggetto accattivante, quantomeno originale. La faccenda dell’uomo senza via d’uscita attecchisce sempre e il senso di frustrazione che il protagonista vive è condivisibile, in particolar modo nella prima parte con le interferenze delle prostitute e del pappone. In questi aspetti il film riesce e si presenta con un buon thriller d’intrattenimento.
Stonano un po’ i moralismi del finale, che però sono conseguenti alla psicologia deviata dell’assassino, che obbliga l’irritante Colin Farrell a fare ammenda dei suoi peccati. La tensione invece non è sempre percepibile, forse a causa di una regia alla Schumacher, e viene da pensare che in altre mani (forse proprio quelle di Hitch) il progetto avrebbe avuto un fascino diverso.
In ogni caso, 80 minuti (70 circa di storia effettiva) si possono spendere volentieri per guardare questo film.