Lo schiaccianoci e i quattro regni
Clara riceve dal padre un carillon, regalo postumo della madre, che ha ormai lasciato un grande vuoto in famiglia. La chiave per aprirlo è legata a un filo d’oro, che dalla casa del padrino la conduce in un regno parallelo al suo mondo. Inizia così Lo schiaccianoci e i quattro regni, tratto dal racconto Schiaccianoci e il re dei topi e dal balletto Lo schiaccianoci (citato nel film) di Čajkovskij.
Fin dal primo sguardo, del film balza all’occhio il gran lavoro realizzato con la scenografia e i costumi, che costruiscono un ambiente fiabesco e magico.
Purtroppo però Lo schiaccianoci e i quattro regni è tutta forma e niente contenuto, un’esagerazione di lustrini, orpelli, sfarzosità e colori sgargianti, con cui fanno pendant le vocine stridule dei protagonisti e frasi tipo “Quell’orrendo topaccio”. Ma la sceneggiatura dov’è?
Lo schiaccianoci nel titolo ha un ruolo pressoché inutile, non v’è la minima imprevedibilità o tensione nelle azioni dei protagonisti e le emozioni sono le stesse di ficcare l’occhio in un caleidoscopio.
Forse, ma non ne sono poi così convinto, questa trasposizione potrebbe essere adatta alle bambine di una certa età, che tuttavia son sicuro si innamoreranno di ben altre principesse.