Lo sconosciuto del terzo piano film noir recensione
1940,  Tendere i nervi

Lo sconosciuto del terzo piano

Un giornalista testimonia di aver visto un uomo sulla scena di un delitto, determinando la sentenza di colpevolezza. La fidanzata tuttavia instilla in lui il dubbio che l’uomo fosse innocente. Lo sconosciuto del terzo piano di Boris Ingster è considerato da molti – o almeno così suggerisce Wikipedia – l’anello di congiunzione tra l’espressionismo tedesco e il noir americano.

È facile capire perché: chiaroscuro, ombre, inquadrature non convenzionali, scene notturne; ma anche una strepitosa scena onirica, in cui i sogni e i sensi di colpa del protagonista si mischiano vorticosamente.

Non c’è una femme fatale, ma c’è una figura femminile estremamente importante perché è l’unica a intuire la verità e successivamente ad agire per risolvere la situazione, cosa non propriamente comune nella filmografia dei primi anni 40.

C’è anche Peter Lorre, lo sconosciuto del terzo piano, fuggito dalla Germania di Hitler dove nel 1931 era stato protagonista di M – Il mostro di Düsseldorf.

La trama è costruita su coincidenze e il finale è debole, ma c’è un ritratto cinico del giornalismo e della società in generale, dove davanti a una possibile condanna a morte c’è chi dorme, chi accusa a caso, chi se ne frega e chi ci beve sopra.

Lo sconosciuto del terzo piano è quindi un film estremamente interessante, oltre che godibile, ancora oggi.