Maigret

Produzioni televisive a parte, era dal 1967 che il commissario Maigret non si faceva vedere sul grande schermo (Gino Cervi nel film Maigret a Pigalle). Ci pensa allora Patrice Leconte a riportare al cinema il personaggio nato dalla penna di Georges Simenon.

Il suo Maigret è Gérard Depardieu e la storia si ispira al romanzo del 1954 Maigret e la giovane morta.

Si tratta di un film che sembra uscito dal passato, il cui stile è lontano dal cinema moderno. Ritmo lento, una Parigi cupa e un’indagine che procede senza grandi guizzi: non ci sono abili deduzioni o lampi di genio; seguiamo Maigret, dialogo dopo dialogo, ricostruire la vicenda dietro la morte della misteriosa ragazza.

La vita del film sta soprattutto nei personaggi. Maigret, innanzitutto, come evidenziato dal titolo che rispetto al romanzo mantiene solo il nome dell’ispettore. A mano a mano che l’indagine prosegue vengono a galla anche i traumi del suo passato e impariamo a conoscerlo e comprenderlo. Il rapporto con Betty, una ragazza che lo aiuta e si fa aiutare, è molto tenero. I brevi confronti con la moglie sono invece i momenti più genuini e ironici.

Maigret è un buon film, destinato a dividere, tra chi lo apprezzerà per la sua lontananza dai riferimenti attuali e chi probabilmente lo troverà noioso.