testimone d'accusa film recensione
1957,  Legge,  Ridere

Testimone d’accusa

Se sfogliate le varie classifiche sui migliori legal movie di sempre è altamente probabile che Testimone d’accusa sia tra i film citati, essendo considerato (giustamente) un classico del genere. Tratto da una commedia teatrale e ispirato da un racconto di Agatha Christie il film del grande Billy Wilder è quello che (probabilmente) riesce a sposare meglio una storia accattivante di avvocati e accusati a del genuino umorismo.

Sir Wilfrid Robarts è un avvocato penalista di successo, deciso a tornare in attività nonostante i problemi di salute e l’occasione giusta arriva quando lo squattrinato Leonard Vole viene accusato dell’omicidio di una ricca vedova.

L’inizio è trascinante e ancor oggi divertentissimo, con la petulante infermiera miss Plimsoll e Robarts a battibeccare senza esclusione di colpi. Quando si arriva in aula, Testimone d’accusa dimostra però di non essere solo una commedia, mettendo in scena un caso accattivante e quanto mai enigmatico. Il caso si sviluppa sostanzialmente con l’avvocato che va via via a screditare i vari testimoni dell’accusa in uno scenario che ha però una scheggia impazzita, la moglie dell’uomo sotto processo. Si tratta di una Marlene Dietrich che riprende i panni della femme fatale, ambigua e imperturbabile.

Il finale regala dei colpi di scena, che un pubblico moderno è abituato ad aspettarsi (ma non per forza a indovinarli) ma che all’epoca non erano per nulla frequenti, tanto da colpire nel segno il pubblico.