Perfetti sconosciuti
Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese è un film sagace, abile nel cogliere un aspetto della nostra vita, ma anche della società attuale, e farne un film.
Il suo primo pregio è quello di essere commercialmente globale, come testimoniamo le repentine richieste dall’estero di acquistare la sceneggiatura. La semplice idea messa in atto (e ben sviluppata) tocca infatti moltissimi, sfiorando i sospetti e le nevrosi di molti legati ai moderni media e le doppie, triple identità che con essi ci costruiamo.
Il meccanismo con cui viene sviluppata la storia non è distante dalle comuni commedie di equivoci italiane, ma viene traslato principalmente in due ambienti, la sala da pranzo e quello virtuale dello smartphone, richiedendo una sceneggiatura di dialoghi, che faccia comunque procedere l’azione.
La regia segue e ordina la confusione della cena e i numerosi interpreti, riuscendo inoltre a non rendere pesante la staticità di luogo, facendoci sentire seduti a tavola anche noi. Positivo il finale, che ci sorprende ed evita la scontatezza.
Perfetti sconosciuti poteva comunque essere più incisivo, più cattivo, più profondo nel rapporto tra uomo e media. Non è un capolavoro da Oscar come si ode da certi rumors, ma si afferma comunque come buon film, ottimo successo commerciale, oltre che accattivante e di grande gradimento per il pubblico, essendo tra i film più visti nel 2016 in Italia.
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