Vestito per uccidere
Vestito per uccidere è uno dei gioiellini di Brian De Palma, un concentrato di tensione, mistero, ansia e spavento.
Abito nero, capelli biondi e grandi occhiali da sole. Ecco quanto si intravede della misteriosa figura armata di un rasoio affilato. Non sappiamo chi è nè perché fa quel che fa.
Dopo un inizio ponderato, lento e soppesato, che gioca con gli sguardi e la camera, il ritmo improvvisamente incalza e De Palma costruisce una serie di scene di pura tensione: dall’inseguimento nella metro, all’incontro nella casa dello psicologo, fino all’epilogo strepitoso in cui il regista si prende gioco di noi.
Impossibile, inoltre, non affezionarsi alla prostituta e il ragazzino, protagonisti non volontari della vicenda, inaspettati e inconsueti eroi.
Il sesso e la sessualità presenti nel film si sono guadagnati all’epoca una sequela (ingiustificata) di critiche e accuse dai manifestanti gay, transessuali e pure dalle femministe.
Ma senza rimuginarci troppo, c’è solo da dire che Vestito per uccidere è un gran film. Da vedere.