anatomia di un rapimento recensione
1963,  Investigare

Anatomia di un rapimento

Ispirandosi al romanzo poliziesco americano Due colpi in uno di Ed McBain, con Anatomia di un rapimento Akira Kurosawa dirige un film ancora oggi, a distanza di mezzo secolo, moderno e appassionante.

Il titolo italiano richiama al successo di Anatomia di un omicidio, riferendosi al contempo all’indagine del film di Kurosawa, che scompone e analizza ogni singolo aspetto del rapimento. Il titolo originale tuttavia, che può tradursi come “paradiso e inferno”, è maggiormente calzante. Anatomia di un rapimento è infatti un film che vive di dualità: il dilemma morale di Gondo — pagare o no il riscatto? —, il divario sociale tra i ricchi e i poveri, il caldo opprimente della baracca e l’aria condizionata della villa, l’una in basso, l’altra in alto, e infine la struttura narrativa. La prima parte, maggiormente focalizzata sul dilemma morale di Gondo, con l’unità di luogo della sua villa, e la seconda, che invece sviluppa l’indagine in città.

La versione italiana dura ben 40 minuti in meno rispetto a quella integrale, che ha più tempo per far comprendere le psicologie dei personaggi e al contempo dà spazio lunghe sequenze, come quella del criminale che deve appropriarsi di una dose di eroina.

Per concludere, una curiosità. Anatomia di un rapimento è il primo film in bianco e nero ad avere un dettaglio di colore. Del fumo rosso proveniente da un inceneritore che costituisce un importante indizio alle indagini.