Cane randagio
Mentre si trova in un autobus molto affollato, il giovane detective Murakami viene derubato della sua pistola. Afflitto dai sensi di colpa, si mette a indagare nelle zone più malfamate di Tokyo per cercare disperatamente di recuperarla. Con Cane randagio, Akira Kurosawa affronta il genere noir in un film considerato da alcuni un precursore dei moderni buddy movie.
Murakami indaga infatti al fianco del più esperto detective Sato e i due hanno personalità profondamente differenti. Il primo è nevrotico e impulsivo, ma riesce a empatizzare con il criminale a cui danno la caccia, riconoscendolo come un figlio della stessa generazione: un cane randagio che è diventato un cane rabbioso facendo le scelte sbagliate. Il secondo è riflessivo ed esperto, riesce a mantenere un distacco emotivo, scindendo crimine e persona.
Il film di Kurosawa è dunque attento all’aspetto psicologico dei suoi protagonisti — a tratti spiegato dagli stessi — ma non manca nemmeno nella parte investigativa. E se le lunghe scene nei bassifondi giapponesi potrebbero annoiare lo spettatore moderno, la tensione delle ultime sequenze, da quando Murakami e Sato si dividono, è hitchcockiana.
Uscito nei cinema giapponesi nel 1949, Cane randagio arriva in Europa — in Francia — solo nel 1961 e in Italia addirittura nel 1985 in una rassegna su Rai Uno. E pensare che Kurosawa ha dichiarato di essersi ispirato ai romanzi di Georges Simenon per la trama del suo film.