Blow out
Un tecnico del suono per il film di serie B (John Travolta), registra casualmente i rumori di un incidente automobilistico, a seguito del quale riesce a salvare una ragazza dalle acque del fiume. Riascoltato il nastro, qualcosa però non torna. Blow out di Brian De Palma, esce l’anno dopo del meraviglioso Vestito per uccidere, ma acquista fama negli anni successivi, trovando i pareri positivi della critica e di chi lavora nel campo. Quentin Tarantino, ad esempio, lo elenca tra i suoi film preferiti.
La sequenza d’apertura è formidabile e il finale, osteggiato all’epoca, dà invece tutto un altro sapore al film. Agrodolce, se vi stavate chiedendo quale fosse.
Ciò che emerge dal film è infatti uno sconsolato e malinconico pessimismo, quella spiacevole sensazione di sforzarsi e faticare combattendo contro l’ineluttabile fallimento, la mancanza di collaborazione, di empatia. Una percezione che (mi) ricorda il finale del bellissimo Chinatown di Roman Polanski.
Blow out oggi è forse un po’ appesantito e, a nostro avviso, non è tra i migliori De Palma, a causa soprattutto della sceneggiatura, in cui certe azioni e certe scelte appaiono narrativamente inspiegabili.