Brazil
Un insetto si incastra nella stampante e per questa fatale casualità viene arrestato l’innocente Archibald Buttle, scambiato per il terrorista Archibald Tuttle. È così che ha inizio Brazil, un gioiellino di fantascienza di Terry Gilliam.
Siamo “da qualche parte nel ventesimo secolo”, in una realtà distopica dove la burocrazia ha preso il sopravvento su ogni cosa. L’impiegato agli archivi Sam è un sognatore e cerca di ribellarsi a un sistema opprimente e omologante, inseguendo i suoi desideri.
Per alcuni spunti Brazil è un film geniale e la storia riflette con limpida ironia una critica alla società moderna e alle sue dinamiche, che soffocano l’immaginazione e la libertà creativa. Ne è emblema il motivetto Aquarela do Brasil, che dà il titolo al film e ci accompagna con note dolci, in chiara antitesi con le immagini.
Il film è scenograficamente superlativo e la regia di Gilliam ci trasporta, dalla realtà ai sogni di occhi aperti di Sam, in un vortice travolgente, in cui siamo al contempo spaesati e catturati. È impossibile definire un tempo e un luogo, ma la messa in scena è comunque così incredibilmente credibile.
La sequenza finale e l’epilogo di Brazil sono semplicemente perfetti e le ultime immagini comunicano con grande forza espressiva il significato del film stesso.