Cape Fear – Il promontorio della paura
Non è usuale accostare il nome di Martin Scorsese al concetto di remake, tuttavia il regista si è cimentato più volte nel riproporre storie già viste al cinema e con risultati ottimi che vanno oltre la mera copiatura. Il colore dei soldi nel 1986, The departed nel 2006 e in mezzo, nel 1991, proprio Cape Fear – Il promontorio della paura.
Come nell’originale, il galeotto Max Cady, esce di prigione e cerca vendetta contro l’avvocato che, per la volontaria omissione di alcune prove, l’ha costretto a una pena di 14 anni.
De Niro, nel ruolo del psicopatico e sadico protagonista, è davvero inquietante. I suoi tatuaggi e il suoi ghigni si lasciano ricordare.
Un paio di scene su tutte sono davvero memorabili e mirabili. La prima (senza voler fare spoiler) ammicca al capolavoro di De Palma Vestito per uccidere, la seconda riguarda la melliflua seduzione della quindicenne Danielle.
La regia di Scorsese è elaborata e le musiche sono una campionatura di quelle del primo Cape fear, composte da Bernard Herrmann, lo storico collaboratore di Alfred Hitchcock. Non a caso, in questi due aspetti riconosciamo proprio il suo stile.
A difettare è invece il finale, che si dilunga troppo.