Enola Holmes
Sherlock Holmes ha una sorella. Si chiama Enola Holmes, ha 16 anni, uno spirito ribelle e l’anagramma del suo nome è “alone”, ovvero “sola”. Il film Netflix s’appiglia al ciclo di romanzi di Nancy Springer e cerca di rileggere con uno sguardo più giovane la mitologia creata da Arthur Conan Doyle.
Quando la madre sparisce improvvisamente, Enola s’impone di ritrovarla, affrontando un’avventura che somiglia a una storia di formazione, che con ironia e un pizzico d’investigazione la aiuta a cavarsela con le proprie gambe e, soprattutto, il proprio intelletto.
Enola Holmes avrebbe avuto un esito ben diverso se a girarlo fosse stato ad esempio Guy Ritchie (regista della recente trasposizione di successo), il film patisce invece un montaggio senza ritmo, che dilata la narrazione in troppe scene leziose e riflessive. Ma non è l’unico deficit. La caratterizzazione di Sherlock Holmes non è sufficientemente incisiva e non si avverte mai la presenza di un personaggio geniale.
Enola, che ne fa le veci, è ben interpretata da Millie Bobby Brown, ma anch’essa patisce una scrittura che non sorprende mai lo spettatore.
Se si è alla ricerca di un giovane Holmes, meglio invece (ri)vedere il vecchio ma sempre godibile Piramide di paura.