Un alibi perfetto
Un giornalista ambizioso sospetta che i processi del procuratore distrettuale Mark Hunter siano viziati dalla falsificazione delle prove. Per incastrarlo decide quindi di farsi arrestare per un omicidio che non ha commesso. Un alibi perfetto (Beyond a reasonable doubt il titolo originale) è un film che si sposta tra il legal movie e il thriller, la cui premessa è già piuttosto inconsueta.
Il risultato non è dei migliori a causa principalmente di una sceneggiatura dalle tante incongruenze e superficialità. Tra tutte un dettaglio cruciale ai fini della trama, ovvero il giornalista che non porta con sé il CD che scagionerebbe l’amico, ma che deve correre a casa a recuperarlo. Peraltro siamo nel 2009 quando la digitalizzazione è decisamente comune e le chiavette USB alquanto diffuse.
L’interpretazione degli attori abbassa ulteriormente il livello della pellicola e anche Michael Douglas, la principale star del film, si lascia andare alla figura del subdolo senza troppi fronzoli.
Un peccato perché la storia ha del potenziale, a maggior ragione alla luce del colpo di scena finale, spiattellato in quattro e quattr’otto… e infatti Un alibi perfetto è un remake, un tentativo di modernizzazione di L’alibi era perfetto, ultimo film di Fritz Lang diretto negli USA. Quindi meglio iniziare dall’originale, onde evitare di svelarsi la storia con questo remake.