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1953,  Almeno una volta nella vita,  Ballare,  Cantare,  Ridere

Cantando sotto la pioggia

Cantando sotto la pioggia (Singin’ in the rain) è considerato uno dei più grandi musical della storia del cinema. La sequenza in cui Gene Kelly balla e canta sotto il diluvio con l’ombrello in mano è entrata nell’immaginario collettivo e viene immediatamente richiamata dal titolo del film.

Ma oltre a questa scena, cosa significa vedere al giorno d’oggi questo film del 1952, che nella sua storia si guarda alle spalle, alla fine degli anni 20?

La genesi di Cantando sotto la pioggia è curiosa, perché nasce dall’idea del produttore della MGM Arthur Freed di raccogliere tutte le canzoni dei musical degli anni passati, scritte da lui stesso insieme a Nacio Herb Brown.

Per legarle gli sceneggiatori hanno scritto una storia ambientata in quel periodo di transizione tra il cinema muto e l’avvento del sonoro. Grazie al film possiamo infatti scoprire tutte le incertezze legate a quel periodo. I problemi tecnici, la difficoltà ad adeguarsi degli attori, le reazioni del pubblico. Il tutto in una storia che ancora oggi conserva un freschissimo umorismo e delle sequenze bellissime, con musiche e balli divertenti e coinvolgenti.

Oltre alla sopracitata scena cult, c’è un intero segmento (visivamente strepitoso, grazie a scenografie, costumi e colori e coreografie) in cui il protagonista Don Lockwood rielabora idealmente la trama del suo primo film sonoro, Il cavaliere spadaccino, che dovrà diventare un musical.

E poi c’è l’indimenticabile e spassosa voce di Lina Lamont, che dà adito a siparietti di pura comicità, oltre a un pizzico di romanticismo e qualche scena puramente slapstick.

Ecco perché ancora oggi Cantando sotto la pioggia è un film davvero forte.