Spider-Man: No Way Home
Per questa recensione di Spider-Man: No Way Home il vostro amichevole Spider-Man cinefilo di quartiere deve necessariamente partire dalla propria esperienza. Visto in sala al primo giorno di proiezioni, non avevo mai assistito a una tale eccitazione per un film. Commenti ansiosi a ogni scena (anche troppi), grida, applausi scroscianti durante la visione e popcorn lanciati in aria come risi a un matrimonio. Nemmeno l’innovazione di Avatar, la magia di Harry Potter, il ritorno di Star Wars o l’epica de Il Signore degli Anelli mi avevano fatto assistere a tanto.
Per commentare il film è quindi necessario partire da qui, provando a capirne le ragioni. Innanzitutto è chiaro che i fan Marvel sono moltissimi e la casa di produzione sa come coinvolgere i propri adepti. Ma questo terzo Spider-Man ha fatto qualcosa in più. Sicuramente del gran marketing, in gran parte fondato sull’assenza. Se la pandemia da Covid-19 ha incrementato l’attesa per il film, i produttori hanno gettato benzina sul fuoco, ritardando l’uscita del trailer e centellinando le informazioni sulla storia, lasciando solo delle briciole di pane. Rumors, dettagli e speculazione che hanno creato un grandissimo hype. All’uscita, il teaser ha ottenuto il record di 355,5 milioni di visualizzazioni in 24 ore.
Ma il film com’è?
Bello, buono. Un film di Spider-Man. Goliardico nella prima parte, tanto da mettere forse troppo alla berlina i suoi villain, e molto più serio nella seconda, che cerca di emozionare gli spettatori. Perché “da un grande potere derivano grandi responsabilità” e il nostro Peter Parker non è più lo scanzonato teenager di Homecoming e Far from home. Una leggerezza che invece io (NdA) avevo apprezzato particolarmente.
Spider-Man: No Way Home è anche pieno zeppo di citazioni e rimandi, che ci si potrebbe perdere dentro. Ma soprattutto questo terzo film chiude un arco narrativo con grande stile e alcune scene che troveranno sicuramente l’entusiasmo dei fan.