Riflettere
I film che fanno riflettere, durante e dopo la visione.
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La canzone della vita – Danny Collins
Al Pacino interpreta Danny Collins, rockstar folk che riceve una lettera da John Lennon con 40 anni di ritardo, la quale segna uno spacco nella sua vita e un profondo momento di riflessione. Questa trasposizione cinematografica di una storia vera mette in scena i mondi apparente agli antipodi della sregolata rockstar e della vita familiare, ovvero l’importanza di stare vicino ai propri cari. Accanto a questi due scenari si sovrappongono due sfumature, l’essere una celebrità e l’essere un artista. Si tratta di un buon film, le cui scene migliori sono quelle con la presenza della manager dell’hotel Annette Bening e il manager del cantante Christopher Plummer. La debolezza più grande è invece, probabilmente, la…
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Birdman o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza
Il miglior film dell'anno? Dalla forma al contenuto, dalla nostra interpretazione del film a quella degli attori nel film, ecco chi è Birdman.
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Good morning Vietnam
Good morning Vietnam! Si può ridere in guerra? Un grandissimo Robin Williams è un deejay che intrattiene le truppe in Vietnam alla radio, con la sregolata energia della musica rock e di monologhi ironici e irriverenti. Il film è uno sguardo cinefilo differente su questo conflitto, ma ancor prima sulle persone che l’hanno vissuto, costruito su dialoghi brillanti, improvvisazioni, con una storia potente, lucida e profonda, per riflettere con molti tipi di sorriso. La costruzione dei personaggi è perfetta, il protagonista travolgente. Difetti? Non tutti i monologhi rapidissimi di Cronauer riescono purtroppo a far sbellicare dal ridere anche noi, come chi li ascolta nel film.
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Giovani si diventa
Giovani si diventa di Noah Baumbach sembra volerci presentare due ritratti generazionali, quello dei giovani di oggi e dei giovani di ieri, pennellando nel divario tra di essi. Gli ideali della generazione di Ben Stiller e Naomi Watts, in particolare del primo, si incontrano e scontrano con l’opportunismo e la schiettezza dell’altra, che li subissa. Non con cattiveria. Jamie, interpretato da Adam Driver, sembra semplicemente incarnare l’oggi. La sceneggiatura tuttavia non sorprende, ma preferisce concentrarsi sulla stratificazione. Anche le parti spiritose sembrano non riuscire come vorrebbero. Giovani si diventa è un film intelligente ma non un intrattenimento eccezionale, supportato da buona musica e venato via via nel suo incedere dall’amarezza che il tempo si trascina…
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Qualcuno volò sul nido del cuculo
Qualcuno volò sul nido del cuculo e lì creò un gran film, interpretato eccezionalmente da Jack Nicholson, Louise Fletcher e non solo. Di cosa si parla? Della rigidità di schemi e regole, talvolta ostinatamente ciechi, al cospetto del gusto inebriante della libertà. Di pazzia e di normalità, due concetti abusati e non facili da definire. Ma si parla per immagini d’amicizia, d’amore, del controllo. Si perpetra una denuncia delle condizioni dei manicomi, luogo dove si svolge quasi interamente il film. Da qui si servono a voi i rimandi politici, sociali e… insomma, guardatevelo e basta. Ridete, piangete, emozionatevi, interpretatelo. La scrittura e le caratterizzazioni sono pregevoli. Il finale… ahh, il finale.
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Samba
Samba non graffia con l’umorismo di Quasi amici, entrambi opera di Eric Toledano e Olivier Nakache, e non si abbandona alle emozioni, sfiorate unicamente nel rapporto tra il protagonista e Alice. La samba si inizia a ballare quando entra in scena il coprotagonista, Wilson, dando più ritmo e verve alla pellicola, fino a quel momento piuttosto annoiante. Toledano e Nakache sembrano frenarsi e gli ostacoli sociali del personaggio interpretato da Omar Sy non divengono mai satira o spunto di riflessione, ma solo ostacoli di una avventura, che guarda ancora ai temi del diverso, dell’emarginato, dell’accettazione, ma non con la stessa brillantezza precedente. Il finale, buono nell’idea, non suscita il clamore mirato, non venendo…
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Il grande Gatsby
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann è vista e visione, uno sfoggio di costumi e di scenografia, aspetto in cui il regista è estremamente bravo, un film che esprime vuotezza e prova a riprendere così i temi di Francis Scott Fitzgerald, ma che invece si traduce in un film talmente vestito da essere ossimoricamente spoglio, senz’anima. Luhrmann sa organizzare delle belle feste, ma il party è frivolo, estremamente noioso. Due ore e venti minuti che mettono alla prova. Una sbronza che il giorno dopo fatichi a ricordare. Simile in alcuni aspetti e scelte a Moulin Rouge!, che fa da traccia, un po’ come stampo della poetica del suo autore, ma non…
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Race
Dopo svariati antecedenti filmici sportivi sul tema del razzismo negli Stati Uniti, Race si inserisce in questo filone, raddoppiando il suo punto di vista, con una storia di vita e di sport che affronta questa difficoltà anche nella Germania nazista. Classico e lineare, il film dovrebbe amplificare, rammentare e insegnare una storia già potente intrinsecamente. Riesce bene soprattutto negli ultimi due, risultando coinvolgente. Tocca l’animo soprattutto nel rapporto tra Jesse Owens e Carl Luz Long, forse l’unico momento veramente alto, commovente e pregno dei valori dello sport sulla vita, mentre si insinua sottopelle con i dialoghi tra Goebbels e Avery Brundage. Owens è un uomo solo che può lasciare il…
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Ho ucciso Napoleone
Ho ucciso Napoleone, il pesce di una bambina, perché sono una donna stronza e complessata. Ora farò pure vedere agli uomini qual è il sesso forte!
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6 gradi di separazione
6 gradi di separazione è uno di quei film non difficili da commentare, ma da giudicare sì, che in parte si condannano da soli al limbo filmico. Intellettuale e intellettualoide. Si parla e si parla, mentre si mostra poco. Manca lo sguardo, l’immagine. Ha un testo sottotraccia di valore, che però non riesce a essere tradotto funzionalmente in cinema. Indubbiamente ben recitato, 6 gradi di separazione può esprimersi molto meglio a teatro. In ogni caso il ragazzo interpretato da Will Smith riesce a ottenere un certo alone di dubbio e mistero. Il film tuttavia finisce con l’essere piuttosto impegnativo da seguire e lento, tendenzialmente noioso.
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Mezzogiorno di fuoco
Un film che è tutta un’attesa, una solitaria e sconsolata preparazione al duello, in un mezzogiorno di fuoco che però non è il fuoco e il focus dell’opera, che invece è proprio tutto ciò che lo precede. L’integerrimo sceriffo Gary Cooper, seppure non costretto, se non dal suo senso del dovere, si batte per la sua gente, che invece pensa alla propria pellaccia e lo lascia solo. A essere forti non sono solo le venature politiche, ma più propriamente dell’uomo nella politica, nella polis, in società. Il leitmotiv Do not forsake me, oh my darling di Dimitri Tiomkine e la sua colonna sonora scandiscono la malinconia e i passi spaesati…
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Zelig
Psicanalisi, satira, sociologia e un purissimo concentrato di geniale grigia materia di 79 minuti, sotto le mentite spoglie di un mockumentary. Di Zelig, di Woody Allen, ne potremmo parlare per ore. Per piacere ed essere accettati bisogna essere uguali o simili agli altri? Sì. E così, sulle corde di questo interrogativo, Leonard Zelig diventa una sorta di supereroe, l’uomo camaleonte, maschera e impersonificazione di un eccessivo conformismo. L’uno, nessuno, centomila di Allen, diviene strumento per riflettere, provocare e prendere per il culo, ma facendolo così: afferrando con mano l’altrui natiche. Il tutto è supportato dalla musica, eccezionale la Chameleon song, dalla tecnica, che riesce a rendere il film un vecchio documento, con…