Il caricatore
I film in cui si spara.
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Mission Impossible – Rogue Nation
Il quinto episodio della saga, Mission Impossible – Rogue Nation, non è una scatola chiusa, da aprire, ma una serie di piccole, non così piccole, missioni impossibili costellate lungo l’arco del film, volte a smascherare i sotterfugi orditi dal cattivone di turno, che è Paolo Bonolis. Non è nulla di particolarmente nuovo, ma Rougue Nation riesce a intrattenere efficacemente, con ottime scene d’azione e qualche picco, raggiunto da un paio di trovate spiazzanti. Coinvolgente e affascinante la scena al Teatro dell’Opera di Vienna, fantastico Tom Cruise, che ha voluto girare personalmente tutte le scene. Si è attaccato al portellone di un aereo in movimento, ha seguito un training per correre…
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Predator
Una giungla insidiosa e una selva di proiettili, tra muscolarità, azione e un arcano. Perché Predator è un cult? Esordendo come un film di guerra, nell’usuale, procede lentamente verso la svolta, senza schiaffarcela in faccia, ma con un soggiaciuto mistero, perché non è l’uomo il predatore e la creatura non è solo un mostro. Si crea efficacemente fascino e tensione intorno ad essa, anche con ottimi effetti speciali, mai esagerati, ma sempre utili al fine. Infine, eccezionale, il duello finale, epico scontro che tiene inchiodati alla poltrona, con uno straordinario Schwarzenegger. Per questi motivi il Predator di McTiernan è un cult.
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Sin City – Una donna per cui uccidere
Sin City- Una donna per cui uccidere è un noir saturo e pregno di sangue, episodico, che soprattutto strania e ha il maggior pregio nell’essere diverso. Fotografie affascinanti, come piccole tavolette d’autore, alcune inquadrature. Una graphic novel in 3D, chiaroscura, nei suoi personaggi e nei tratti grafici, dove al centro sono i volti e i corpi, in particolare quello di Eva Green, arma esibita, di una femme fatale insaziabile e sensuale. Ma, a Sin City, tra i punti deboli c’è la storia. A volte ci si chiede perché, altre ci si annoia un po’. Il giudizio va affidato soprattutto ai fan e al capire se hanno avuto ciò che desideravano.
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Machete kills
Travestimenti, belle donne, sangue e pazzeschi pazzi criminali, per un gioco cinematografico, una burla che si burla anche di sé stessa. Machete kills. È come un’accozzaglia di idee, dove più inverosimile è, meglio è, legate dal solo Machete, icona. Una marmellata di camei e situazioni fumettistiche, che non si eleva mai, ma diverte. O per lo meno, sicuramente, divide. Non potrei obiettare nulla a chi, piuttosto che vedere Machete uccidere, lo preferirebbe ucciso e sepolto nel cimitero del cinema.
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Con Air
Un aereo pieno zeppo di criminali pluridecorati dalle devianze animalesche e psicotiche e, in mezzo a quella instabile marmaglia, il favorito della più improbabile malasorte, Cameron Poe (Nicolas Cage), uomo dall’animo puro e i capelli lunghi e incolti, che non possono che rimandare a quell’altro buono d’animo, divino, che così stona con la sua bianca canottiera zuppa di muscoloso sudore. Cage, martire armato, con l’aiuto di John Cusack, unico uomo dotato di tracce d’intelletto, è solo contro John Malkovich, Ving Rhames, Danny Trejo e Steve Buscemi, in un esplosivo tripudio di pugni, spari, scoppi, infilzamenti, capriole, fuoco, fiamme e metalli infranti, per un film action puro. Questo è ciò che è,…
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Jack Ryan – L’iniziazione
Il terrorismo, quei cattivoni dei russi, la fidanzata del protagonista rapita e qualche misterioso numero azionario che scorre sullo schermo. Suona nuovo? Il quinto film con protagonista il personaggio creato dalla penna di Tom Clancy, non si basa su nessuna opera dello stesso, ma è una storia originale, che si propone come reboot della saga. È Chris Pine allora il nuovo Jack Ryan, prima marine, poi analista, spia della CIA e uomo d’azione. Peccato però che di azione se ne veda davvero poca o niente e che, per gran parte del film, si sguazza tra patriottismo, numeri e dialoghi poco efficaci.
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3 days to kill
Tra l'improbabile e il surreale, tra la sparatoria e il rapporto padre-figlia, tra Amber Heard e Kevin Costner, c'è 3 Days to Kill, esperimento riuscito.
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I magnifici sette
Sono sette e sono senza dubbio magnifici, ma non sono i samurai di Akira Kurosawa, antenati ispiratori, bensì leggendari cowboys, intrappolati nella frontiera tra Messico e Stati Uniti dal senso del dovere e da una morale che ha plasmato ogni loro azione nella vita. Per una misera paga e consci che il tempo degli eroi è ormai giunto al termine, i sette continuano a lottare, elevando così le loro azioni e il loro flebile ruolo di passaggio nell’umanità a leggenda, conferendo al tutto l’aurea del mito. Vicino alle suggestioni de L’uomo che uccise Liberty Valance, I Magnifici Sette riunisce Yul Brynner, Steve McQueen, Eli Wallach, Charles Bronson e James Coburn…
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Non-Stop
Liam Neeson che trova persone. Così, per riassumere brevemente le recenti fasi della sua carriera. Qui, in Non-stop, messaggia a bordo di un aereo con un terrorista più di un teenager con la profumiera di turno e poi ci dà prova del suo machismo. Soprassediamo alle incongruenze e la poca credibilità di alcuni aspetti, notiamo invece favorevolmente una buona dose di tensione, sospetto e azione. Lo scambio ci può stare bene. Seppure il film viaggi su binari stereotipati e consolidati, ci instilla infatti il dubbio su chi sia il dirottatore. Il senso del titolo, invece, mi è ancora di dubbia comprensione.
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Empire State
Insensato. Empire state è un film insensato. Liam Hemsworth, fratello di Thor e controfigura di Gareth Bale nel tempo libero, è un immigrato greco (anche se di greco non ha manco l’alluce) e vuole diventare un poliziotto. Alla fine invece, decide di rubare dei soldi da una compagnia, che custodisce 25 milioni di dollari con una telecamera, un custode e un cane sordo. Ma a rubarli è il migliore amico, rubato a sua volta al film Scemo e Più Scemo, di cui poteva essere eccezionale interprete. Nella locandina c’è anche Emma Roberts, nel film quasi mai. La storia è vera, il film nemmeno vagamente verosimile. Decisamente brutto.
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Django Unchained
Fantastico. Arte che intrattiene, intrattenimento artistico. Se siete innamorati del cinema, guardare Django Unchained di Quentin Tarantino è come far l’amore con una delle sue più belle figlie. Dialoghi epifanici, gustosi dettagli anacronistici, musica incisiva, sceneggiatura magistrale, interpretazioni alte, citazioni colte. Regia, narrazione, fotografia. Un film di godibile perfezione, come se ne vedono troppo pochi in troppo tempo. L’unico, super-virgolettato difetto, drammaturgicamente parlando, è un doppio finale, che però diventa solo una scusa in più per godersi ancora un po’ di Django.