Cinematerapia: una pillola per
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Star Trek Beyond
Star Trek beyond è terzo capitolo della nuova saga stellare, il primo da orfano di J.J. Abrams. E si vede. In realtà quello che si vede è d’impatto, soprattutto il mondo dalle mille gravità dove si svolge parte del film. La differenza la fa la storia: meno roboante, accattivante, un lato comico più marginale. Non è tutto il film a esserne pervaso, ma solo i siparietti (comunque divertenti) tra il dottore e uno Spock piuttosto ai confini della storia. Questo capitolo non proviene inoltre da una galassia lontana, ma da sviluppi produttivi quantomeno frammentari e problematici, che forse hanno lasciato delle conseguenze. Sembra inoltre essere accennato un percorso di introspezione…
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Armageddon
Ecco a voi, signori e signore, il primo blockbusterone di Michael Bay pieno zeppo di sbadabam sbum, di movimenti di macchina repentini e ubriacanti e di zoommate, tanto da farvi avere l’impressione di barcollare verso un atollo spaziale o che stia per cadervi in testa da un momento all’altro la cinepresa del cameraman. Il ritmo delle riprese e del montaggio sono sempre concitati tanto che potrebbe sembrare che Armageddon duri 80 minuti, invece va avanti 2 ore. A Michael Bay non gliene sbatte un accidenti di spiegarti perché il detonatore non funziona più a distanza, perché un uomo che sta trivellando vola via in mezzo allo spazio mentre il seguente invece…
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Mr. Right
È difficile, estremamente difficile, realizzare un film dove azione, killer e morte vengono tenuti insieme dal filo insolito dell’umorismo. Difficile come afferrare un coltello al volo senza tagliarsi. Mr. Right prova a fare proprio questo, creando come fulcro della storia un’insolita relazione d’amore alla Mr. e Mrs. Smith e lo fa senza timore di esagerare, mostrando la violenza e dando al suo protagonista una parvenza da eroe da fumetto. Mr. Right quel coltello lo afferra… tagliandosi un po’. Gli spunti sono buoni, lo sviluppo del concept un po’ meno. Se riuscite a sopravvivere al pensiero iniziale di star guardando una gran cazzata (cosa non del tutto sbagliata), il film ingrana successivamente…
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Ho sposato un’aliena
Ho sposato un’aliena è una commedia leggera degli anni 80 che prende un’icona di sensualità del cinema come Kim Basinger e la affianca al lato prettamente umoristico rappresentato dalla figura di Dan Aykroyd. È uno di quei film che per guardarli occorre chiudere un occhio e mezzo sulle incongruenze, senza cercare una giustificazione a tutto ciò che si vede. Infatti, è proprio la sceneggiatura l’elemento più debole, per questi aspetti e per un primo e terzo atto eccessivamente lunghi, in particolar modo quest’ultimo che prolunga di molto il finale del film. Si punta molto sulla simpatia e sulla bizzarria di un’aliena che non conosce i piaceri della vita umana perché addirittura…
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Una commedia sexy in una notte di mezza estate
Una commedia sexy in una notte di mezza estate è un film minore di Woody Allen dall’atmosfera bucolica e sbarazzina. Il regista e gli interpreti divertono e sembrano divertirsi in un film dove gli amori sono allo stesso tempo incredibilmente intensi e incredibilmente fugaci. Tre coppie trascorrono un weekend insieme in campagna e le pulsioni sessuali di tutti prendono derive inaspettate, sempre giocate sull’ironia e una frivola visione dell’amore. A ciò si unisce un pizzico di magia presa in prestito da Shakespeare, che il titolo del film cita. Film leggiadro e fiabesco, assolutamente piacevole, un intermezzo girato (in parte) in concomitanza al capolavoro Zelig.
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Game therapy
Cinepanettoni, supereroi, insipide commedie romantiche, film io-ti-troverò-e-ti-farò-fuori e ora anche youtubers? Game therapy è la ricerca del denaro facile, sfruttando la popolarità online di un gruppo di ragazzi e cercando di portare il loro seguito anche al cinema. Il cinema questa volta sembra però dire di no, infatti il film si è rivelato un grande flop al botteghino. Game therapy non è più brutto di tanti altri film che passano sul grande schermo (se non per i costumi e la recitazione), ciò che va messo in discussione sono invece proprio le logiche dietro la sua produzione. Favij e Federico Clapis entrano all’interno dei videogame più popolari e mirano con la loro storia a…
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Il delitto perfetto
Il delitto perfetto è possibile? Ce lo siamo chiesti tutti, noi appassionati di gialli, almeno una volta. L’ha fatto anche Tony Wendice in questo film di Hitchcock, che porta con sé la sua risposta. Nella realtà non va mai tutto come previsto, come accade nei romanzi, ma ci sono sempre piccoli imprevisti e Hitchcock gioca proprio su questi: ostacoli e inceppi al piano del protagonista a cui deve rimediare con l’ingegno. Quando non c’era il computer per fare i film non restava che pensare, e così, ecco un film scritto quasi interamente di dialoghi, il cui elaboratissimo intreccio si svolge praticamente tutto dentro in casa. Nonostante ciò, Il delitto perfetto fu anche un…
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American psycho
Patrick Bateman è un american psycho che rimanda, ma non ricorda, al Norman Bates di Psycho, il quale seppure ami intrattenersi con la musica Whitney Houston o Phil Collins è il 21st century schizoid man di King Crimson. A interpretarlo è il bravissimo Christian Bale. Tratto dal romanzo di Bret Easton Ellis il film è di quelli atipici, da giudicare senza fretta ed eccessi. Alcune scene creano tensione, annunciandoci le intenzioni del protagonista, e il film riesce a essere senza dubbio disturbante. Traspare chiaramente il tema del doppio: la maschera di bellezza, i tanti vice presidenti così simili, le due donne, la doppia vita. La doppia percezione, realtà e immaginazione. La trama…
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La figlia della sciamana
Il film, tratto da una serie di romanzi, attinge a piene mani dalle rappresentazioni fantasy del recente passato, ce ne accorgiamo anche a colpo d’occhio dalle scenografie e dai costumi. La storia è fortemente incentrata sul potere della protagonista, la figlia della sciamana, che è la cosa più intrigante e magnetica del film, in quanto riesce a vedere le cose di cui si vergognano le persone. Sceneggiatura e snodi narrativi non sorprendono, ma sono più che presumibili, inoltre gli autori non sono riusciti a creare un vero e proprio mondo a tutto tondo, limitandosi a una semplice storia lineare. Nonostante ciò, questa produzione danese tiene il sedere degli amanti del fantasy appiccicato alla…
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Affare fatto
Neanche il bravo e simpatico Vince Vaughn, assodato fautore di risate, può sopperire alla scarsezza di questa commedia, un affare fatto in cui ci perdete solo voi, non a caso tra i peggiori flop del 2015 anche a livello economico. Non per essere banali, ma il problema principale è lo stesso di un gran numero di queste commedie: non fa ridere. Il viaggio in europa, precisamente in Germania, sembra voler giocare sulle differenze culturali, ma non riesce a cogliere nel segno e a sottolineare il lato umoristico dei tratti distintivi, che sembrano solo stereotipi rappresentati in maniera volgare e stupida. Il personaggio di Dave Franco, infine, è tra i più ridicoli…
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C’era una volta in America
C’era una volta in America una lezione di regia, una delle più belle colonne sonore di sempre, una storia d’amicizia e d’amore. L’ultimo film di Sergio Leone è, tuttavia, anche la storia dell’uomo, la storia dell’uomo moderno. A sopraffare l’altro non è più l’uomo che spara più veloce, ma il più avido e spietato. Basta un cucchiaino nella tazzina per la tensione, un telefono martellante nelle orecchie per il rimorso. Quarant’anni di vite incorniciate da riprese meravigliose e scenografiche, sapientemente ricamate fino all’ultimo nodo: un magnifico e sorprendente finale e, infine, un etereo e misterioso sorriso. Innegabile la magnificenza di questo film. Resta tuttavia dibattuto e controverso nei suoi tagli…
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La canzone della vita – Danny Collins
Al Pacino interpreta Danny Collins, rockstar folk che riceve una lettera da John Lennon con 40 anni di ritardo, la quale segna uno spacco nella sua vita e un profondo momento di riflessione. Questa trasposizione cinematografica di una storia vera mette in scena i mondi apparente agli antipodi della sregolata rockstar e della vita familiare, ovvero l’importanza di stare vicino ai propri cari. Accanto a questi due scenari si sovrappongono due sfumature, l’essere una celebrità e l’essere un artista. Si tratta di un buon film, le cui scene migliori sono quelle con la presenza della manager dell’hotel Annette Bening e il manager del cantante Christopher Plummer. La debolezza più grande è invece, probabilmente, la…