Riflettere
I film che fanno riflettere, durante e dopo la visione.
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La grande scommessa
Non c’è un lupo a Wall Street, con i suoi eccessi, le donne e le droghe, ma solo la crisi, uomini che ci sguazzano, uomini che affogano. La grande scommessa del film è riuscire a parlare di questo argomento, condensare il tutto in un tempo filmico accettabile, ma farlo con qualità e rendere i contenuti comprensibili a tutti. Per quest’ultimo punto, la scelta è la rottura ripetuta della quarta parete e l’inserimento di intermezzi spiccatamente ironici, che sembrano però essere il modus operandi migliore, più originale e leggero. Il montaggio è anarchico e incisivo, strasbattendosene di formalismi e convenzioni e risultando così, particolare e pregiato. La regia invece ha movimenti di macchina…
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Se mi lasci ti cancello
Se mi lasci ti cancello è la superficie. Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale! Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata. Infinita letizia della mente candida! Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio: è la profondità. Personaggi che riflettono un mal de vivre, interpretati splendidamente dagli attori. Parlo in particolare di un convincentissimo Jim Carrey e di Kate Winslet. La cancellazione della memoria è un modo per parlare della fine di un rapporto affettivo, la difficoltà di accettare e accettarsi. Un film assolutamente inusuale, dal montaggio veloce, spaesante. La parte centrale del film, ovvero la stratificata fuga dei protagonisti, risulta tuttavia, anche per questo, non troppo coinvolgente o commovente.
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Franny
Franny è un one man show. Il film è lui, il suo protagonista, un bravissimo Richard Gere che si prende tutta la scena nelle vesti eleganti, di falsa apparenza, di un filantropo che riesce a essere sia simpatico che estremamente irritante per la sua invadenza. Gere riesce a trattenere il film su un certo livello, che senza di lui sarebbe stato altro. Tra elaborazione del lutto e solitudine, Franny è un film intimista, dalla storia low-concept, un ritaglio di vita significativo di un uomo, tra alti e bassi. Peccato per i flashback, semplicemente didascalici, dai quali ci si aspettava un segreto più profondo di cui Franny sembrava portatore. Invece non c’è nulla…
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La vita è meravigliosa
La vita è meravigliosa è una favola toccante, di dickensiana parvenza, spesso trasmessa in periodo natalizio, ma che è un classico del cinema in generale. Il film di Frank Capra, tratto da una storia di Philip Van Doren Stern, si avvale di una sceneggiatura ad incastro perfetta, che va a costruire un vissuto, anche per lo spettatore, che confluisce poi nella parte finale, magica, commovente, speciale. Lo è perché La vita è meravigliosa, oltre ad essere tecnicamente un film perfetto, interpretato magistralmente, in particolare da James Stewart, risponde a qualche domanda fondamentale, esistenziale, dell’uomo. E lo fa in maniera meravigliosa.
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Big eyes
Di Big eyes è quasi scontato, ma necessario, dire come esso sia un film di Tim Burton che si discosta dai tratti marcati che rappresentano il suo cinema, ma che aderisce più alla fedeltà della rappresentazione di una vicenda realmente accaduta. Che le motivazioni siano l’amicizia di Burton con la pittrice Margaret Keane o una semplice scelta, poco importa. Big eyes si distingue senza dubbio per l’accuratezza della scenografia, meritevole, insieme a trucchi e costumi, a farci vivere un po’ di anni 50 e 60 e alle interpretazioni dei suoi due attori principali: Amy Adams e Christoph Waltz, le cui performance spesso sembrano essere il film stesso. La storia tuttavia,…
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Storie pazzesche
…e lo sono davvero, perché di pazzi ve ne sono eccome, anche se nel titolo argentino le storie sono selvagge, aggettivo sicuramente più evocativo. Sì, perché le sei storie che compongono questo film, di Damián Szifron e prodotto dai fratelli Almodóvar, presentano situazioni estremizzate, ma allo stesso tempo radicate saldamente nella realtà, tanto da poter esser vere, soprattutto alla luce di odierni fatti di cronaca che ci sembrano quasi irreali e impossibili, riuscendo a dare al tutto un chiaro tono grottesco, “dal riso all’indignazione”. La regia è curatissima, dalle zoommate e contro-zoommate, primi piani e spostamenti di camera che fanno comparire personaggi all’improvviso. Ricercata anche la musica, in alcuni episodi più di altri, spesso…
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Barbecue
Manie, difetti e problemi sono al centro di questa commedia, riuniti tutti insieme, davanti a un barbecue, per dirci che è l’uomo ad essere così, che non esiste la persona perfetta, ma esiste chi ci vuole bene. In Francia dimostrano ancora di avere buon gusto per la commedia e, in questo caso, anche un acutissimo spirito d’osservazione sull’uomo. Barbecue è dunque una commedia piacevole, che probabilmente non fa il salto di qualità perché è proprio ciò che vuole essere: quello che c’è fuori dalla porta di casa tua e non nel proiettore di una sala cinematografica.
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The terminal
La ripetizione, l’attesa, l’amore, la non velata critica alle contraddizioni dell’America. Steven Spielberg estrapola da un curioso fatto di cronaca una storia intrigante e originale, che riesce con stile a commisurare l’elemento umoristico a quello riflessivo, finendo con il parlare d’amore, di diversa fattura, forse bizzarro ma non scontato (né nel modo di parlarne, né negli sviluppi narrativi). The terminal non soffre la claustrofobia del suo soggetto, anzi la reclusione all’interno dell’aeroporto, ove è girato tutto il film, non appesantisce lo stesso, aiutato da un’ottima scenografia e dai suoi attori: il grande Tom Hanks, la deliziosa Catherine Zeta-Jones e l’insopportabilmente bravo Stanley Tucci, supportati da personaggi di contorno efficacemente caratterizzati.…
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San Babila ore 20: un delitto inutile
Dibattuto e criticato per le tendenze politiche del regista, Carlo Lizzani, e per la presentazione di personaggi forti e schematizzati, carenti di una introspezione psicologica. San Babila ore 20: un delitto inutile andrebbe guardato come a un reportage neorealista, un documento di una situazione poco rappresentata al cinema e magari poco conosciuta oggi. Nella Milano degli anni 70 una banda di neofascisti si diletta in atti di violenza e solo la testimonianza di una vittima può essere in grado di porvi fine. Buona la regia. Musiche di Ennio Morricone.
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Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza
Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza è il film vincitore a Venezia del Leone d’oro del 2014. Così, come l’italianissimo barone rampante, il piccione svedese (forse noi, forse il regista, forse noi con gli occhi del regista) osserva dall’alto e riflette. E ciò che si vede è il tripudio dell’ineluttabile mediocrità esistenziale e l’indissolubile comunanza patemica delle persone, che in un qualche modo rende non eccezionale, non stra-ordinario, anche il film, in una coincidenza tra significante e significato. La frase di circostanza, l’azione apatica, il surrealismo della quotidianità. Il film, concettuale ed intelligente, trova la sua espressione in 39 piani sequenza, inquadrature immobili, che divengono quadri, dai colori cupi e…
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The giver – Il mondo di Jonas
Dal disagio di un mondo da voler cambiare, nasce la sfiducia che esso possa farlo in meglio e si riflette in sé stesso, guardando a cosa già c’è, tra le atrocità, di meraviglioso. The giver è un inno alla vita, all’amore, alla diversità, al libero sentire. Tra la fantascienza come veicolo di critica o di riflessione e la moda, legata al genere Young Adult d’ambientazione distopica, il film sembra partorirsi da un compromesso e non dipanare la potenza di cui è intrinsecamente possessore. In The giver la parola viene ceduta all’immagine, pregna di aspetti culturali, espressi tramite la loro iconicità e il colore, che, come la visualità, viene utilizzato con sapienza semantica e…
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Amici miei
Dal progetto di Pietro Germi alle mani di Mario Monicelli, quattro più uno amici, straordinari e spassosi cattivi esempi, protagonisti di burle e supercazzole, sullo sfondo di una sottesa e indelebile malinconia. Dal soggetto alla struttura, dalla sceneggiatura agli attori e le loro vite cinematografiche, Amici miei non può che essere una suadente nostalgia verso una commedia italiana che fu, di indelebile splendore e potenza. Nell’immaginario non possono che imprimersi talune scene, quali quelle alla stazione o all’ospedale, e una risata che non deve nascere dal realismo fedele, ma dalla pura e sublime invenzione verosimile. Infine la parvenza di una morale, salvo poi ribaltarla nell’ossimorica e geniale scena finale. In…